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Un vademecum per i leader di domani, dalle rock band alle startup

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La leadership è un concetto complesso e trasversale. Siamo spesso portati a pensare che “leader” sia un’etichetta data a chi comanda e chiamiamo leader il Ceo di un’azienda come anche chi governa un paese. Niente di più sbagliato: la leadership non coincide con il potere, né con l’autorità. E non dipende dal prestigio del ruolo o dalle dimensioni del team che si deve gestire.

Credits: newglobalcitizen.com

La leadership è innanzitutto un’idea e un modus operandi che si applica a tutti gli ambiti. Perché tutti hanno bisogno di (bravi) leader. Dalle rock band alle start up. La leadership si alimenta di autorevolezza e riposa sempre su di un’investitura che viene dal basso. Se è calata dall’alto, la leadership si chiama autorità e non è mai certo che si coniugherà con l’autorevolezza.

QUANDO IL LEADER È UNO STORYMAKER

Distruggere, scomporre, spiegare e poi ricostruire cosa vuol dire essere “leader” è stato il tema attorno cui si è svolta l’ultima edizione del World Business Forum of Ideas di Madrid del 5 e 6 ottobre (WOBI). Una due giorni intitolata “I am Story Maker”, fatta di speech intensi, secondo il modello dei TED talks (e in effetti infatti, tanti degli speaker provenivano proprio da quel mondo) e di buoni consigli.Sul palco del Teatro Real, sono saliti motivatori, life coach, direttori d’azienda, educatori, innovatori, esploratori e registi.Gente che con le parole ci sa fare e sa convincere come Simon Sinek, Marcus Buckingham e Sir Ken Robinson. Ma anche tanti leader veri e assoluti, che hanno messo a sistema la loro esperienza fuori dall’ordinario, come Steve Wozniak, Oliver Stone e Fabien Cousteau.

Un round-up di personalità e capacità sicuramente molto diverse tra loro, che hanno condiviso storie, esempi ed esperienze, dando consigli pratici e operativi e contestualizzando il concetto di leadership e il ruolo dei leader dal punto di vista scientifico, semantico, culturale e sociale. A partire dal racconto, e dalla capacità di interpretare la funzione nel segno di una visione comune e condivisa. Con un’ora ciascuno di tempo per raccontare la loro idea e far passare il loro messaggio e con un risultato finale importante: l’aver iniziato a tratteggiare un ideale manifesto-vademecum corale, trasversale, emozionale ed efficace per tutti i leader in nuce, per caso o wannabe.

I 3 ELEMENTI DELLA LEADERSHIP SECONDO IL WOBI

Un manifesto articolato e complesso, alla base del quale ci sono però tre semplicissimi concetti chiave.

Il primo è pratico e funzionale. Che ci si occupi di impresa, che si sia il Ceo di una startup, un insegnante, uno chef o un regista ci sono modalità operative, modi di fare, concetti e azioni che sono da tenere a mente sempre, per costruire team in grado non solo di produrre ma anche e soprattutto di generare crescita, valore e visione. E la modalità operativa che prevale e tiene tutto è quella del saper costruire storie, cioè lo storymaking (non solo lo storytelling). Il vero leader è dunque quello che sa costruire narrazioni immersive, e che così facendo fa entrare il suo team in un mondo a parte, coeso, funzionale e condiviso (shared). Una vera e propria community, innovativa e collaborativa, in cui le persone vogliono entrare per poter dare il loro contributo. E per aiutarla a crescere, come ha ben spiegato Linda Hill, docente della Harvard Business School.

Il secondo è culturale e “cerebrale”. Perchè non bastano solo capacità e doti creative. Un leader deve anche saper “spingere oltre i confini” il suo team, come ha spiegato Fabien Cousteau, ma – allo stesso tempo – “deve capire l’importanza, il valore e il senso di un’impresa fallita”, come ha sottolineato la ricercatrice di Harvard Sarah Lewis autrice del saggio Rise. E deve imparare a non spaventarsi delle debolezze, e a puntare invece sui punti di forza. Deve evitare i feedback (“Nessuno ama ricevere feedback. Se non ci credete, provate a sposarvi e poi ne riparliamo” ha scherzato Buckingham) e a valorizzare le capacità di ognuno. Il leader deve essere un pioniere e una guida, insomma. Ma anche un visionario e un catalizzatore (di idee, progetti, persone).

Il terzo è emotivo ed emozionale. E mette la passione al centro di tutto, perché come ha ben detto Sinek “la leadership è come l’amore” e perché funzioni serve impegno e serve fiducia, da tutte le parti coinvolte. Serve tempo e serve energia, e occorre impegnarsi in modo diretto e in prima persona andando a ripristinare il contatto diretto e tutto ciò che è analogico, visto che, alla fine dei conti, per comunicare tra esseri umani la mediazione tecnologica non è per forza l’unica forma di comunicazione né la più efficace.

In più, a conclusione di tutto, è arrivato il consiglio, quasi un auspicio, del regista Oliver Stone. Un pensiero forse un po’ naif che profuma di speranza e di american dream perché secondo il regista non bisogna mai porsi dei limiti: “anche le stelle sono lì, pronte ad essere raggiunte da noi. Basta volerlo”. Come? Basta essere buoni leader. E avere un ottimo team. Senza quello, si possono avere creatività, doti di storymaking, visione e concretezza “che manco Steve Jobs”, ma non si andrà mai davvero da nessuna parte.

[Tutti i tweet del WOBI – Madrid, li trovate qui]

FRANCESCA MASOERO

Bruxelles, ottobre 2015

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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