Jean-Eric Pacquet, direttore generale della Ricerca e dell’Innovazione dell’UE, ha grandi ambizioni per le startup europee. Possiede oltre 10 miliardi di euro di fondi, di proprietà del Consiglio d’Innovazione Europeo (EIC), per realizzare i propri piani. L’obiettivo è di creare in Europa una “unicorn factory”.
Il progetto per la “unicorn factory” europea
“L’EIC dovrebbe diventare la “unicorn factory” europea. Stiamo creando il più grande deeptech equity fund in Europa“, ha dichiarato Pacquet. Il burocrate UE non proietta l’immagine di un investitore internazionale e spaccone, sul modello di Softbank’s Masayoshi Son o Naspers’ Koos Bekker. Entrambi hanno fatto la fortuna durante il boom di internet in Cina, creando due dei più grandi fondi di investimento tech del mondo.
Tuttavia, Pacquet potrebbe essere allo stesso modo influente nell’aiutare alcune delle startup europee più promettenti a raggiungere una scala globale. L’EIC ha infatti già investito 1,5 miliardi di euro e presto annuncerà la coorte di 50/60 aziende che sta supportando. Pacquet ha spiegato che il fondo EIC, guidato da un’agenzia separata dalla Commissione e basata in Lussemburgo, si focalizzerà nell’innovazione deeptech. Il suo punto forte sarà l’intersezione tra digitale, intelligenza artificiale e scienze naturali.
L’obiettivo è quello di concentrarsi sulle fasi più rischiose, scaleup e sviluppo, per aiutare le startup europee a sopravvivere alla nota “valle della morte”. Larga parte dei 10 miliardi di euro sarà distribuita come sovvenzione, in pacchetti da 1 a 4 milioni di euro, mentre il 35% sarà investito sotto forma di capitale proprio.
“La fase di ricerca è molto rischioso per gli investitori, dato che il risultato è incerto. Tuttavia, vogliamo trovare le più sensazionali innovazioni del futuro”, ha detto Pacquet.
Sostenendo economicamente le startup, l’EIC aiuterà le tecnologie più interessanti e innovative a crescere. In seguito, l’obiettivo è di investire, al fianco di venture capital, in modo da massimizzare il proprio potere finanziario. “L’EIC sta creando un vero e proprio deal flow in Europa. Spero che i fondi vogliano co-investire con noi. Le innovazioni deeptech sono rischiose perché i fondi non hanno l’expertise per valutarle. Dal canto nostro, abbiamo gli esperti migliori. Stiamo vedendo emergere cose molto interessanti. È qualcosa di unico”.
Il supporto dell’Unione Europea
La missione dell’EIC è parte di un piano europeo che prevede di allargare e approfondire la ricerca e l’innovazione per tutta l’Europa, territorio che combatte per difendere la propria “sovranità digitale”, minacciata da Cina e Stati Uniti. L’UE investirà circa 100 miliardi di dollari nei prossimi sette anni: un piano che è parte del programma Orizzonte Europa, con l’obiettivo di aumentare la competitività.
L’EIC si sta basando sul lavoro dell’ ERC (Consiglio di Ricerca Europeo), che negli anni passati ha investito miliardi di euro nella ricerca scientifica. “Ci sono tonnellate di risultati spettacolari provenienti dall’ERC. Li stiamo analizzando con molti più fondi”. Pacquet descrive l’ERC come la fabbrica dei Nobel – sebbene riconosce che nessun Nobel può essere collegato direttamente ai progetti ERC. Questo a causa del tempo che intercorre tra la ricerca e il riconoscimento.
L’approccio della commissione è stato influenzato dal lavoro di Mariana Mazzucato, direttrice dell’istituto per l’Innovazione e lo Scopo pubblico all’UCL, autrice di The Entrepreneurial State. Il suo punto di vista è che i governi dovrebbero giocare un ruolo molto più attivo nel creare e modellare i mercati, piuttosto che regolarli solamente.
In questo senso, l’UE ha identificato cinque tipi di missioni da supportare, di interesse pubblico: oceani puliti, cura per il cancro, città ambientalmente neutre, adattamento climatico e salute del suolo, cibo e agricoltura. L’obiettivo principale non è di generare un ritorno economico, ma di fornire un impatto sociale proattivo e positivo.
Chi è contro la “unicorn factory” d’Europa?
Tuttavia, non tutti in Europa vedono di buon occhio questo investimento di attenzioni e denaro. Alcuni venture capitalist temono che l’intervento europeo possa intorbidire il mercato, supportando troppe startup e abbattendo i ritorni economici.
Henry Chesbrough, esperto di innovazione a Berkeley, è favorevole invece all’approccio UE. Eppure si chiede se l’iniziativa possa mancare opportunità al di fuori della sua core mission. “Se ti focalizzi troppo presto sul dove i fondi devono andare a finire, potresti lasciarti sfuggire dei buoni investimenti perché ti sei precluso altre opportunità”. Ad esempio, una delle più profittevoli applicazioni dell’industria laser negli anni ’70 è stata il suo utilizzo all’interno dell’industria dei CD e dei DVD. Ma gli inventori non se lo erano proprio immaginati. “Devi stare attento a non focalizzarti troppo presto”.
Nonostante lo sforzo nel difendere la propria sovranità digitale, l’UE deve continuare a lavorare con partner esterni. Per esempio, ha condotto progetti di ricerca con stati non-membri, come la Norvegia, la Svizzera e Israele, e con diverse compagnie industriali. Il Regno Unito è uno dei più grandi beneficiari della ricerca europea. In questo senso, molte delle istituzioni temono il futuro post-Brexit, nel quale perderanno fondi e vedranno molti ricercatori tornare in Europa.
Tuttavia, secondo Pacquet, il Regno Unito continuerà a collaborare con l’UE per i programmi di ricerca già in atto. “Se si procede con la Brexit, il Regno Unito rimarrà comunque parte di Horizon 2020, senza interruzione alcuna”.