in

Uno spazio vuoto è pieno di suono (E con un’app adesso lo puoi sentire)

innovaizone

Un tema di sempre maggiore interesse per artisti, architetti e designer che lavorano sul rapporto con l’informatica all’interno delle loro opere è “la natura piena del concetto di spazio”.

La domanda spontanea che ne consegue potrebbe sarebbe: “Spazio pieno? Ma lo spazio non è vuoto?” La risposta è “no” e cerchiamo di argomentare brevemente il perché.

Gli architetti in particolare sono tradizionalmente abituati a pensare in termini visuali. In questa concezione lo spazio è appunto un vuoto in cui collocare degli oggetti che a loro volta catturando, sagomando, incorporando il vuoto lo rendono espressivo, ma anche funzionale.

Questo “vuoto” è il centro della più comunemente accettata definizione di spazio che ha la sua base scientifica nei Principia di Isaac Newton del 1687.

Lo spazio vuoto pieno di suoni da ascoltare

La concezione di Newton, come tutte quelle che vi erano state prima, non è in sé giusta o errata: è valida entro le proprie premesse e rimane praticabile oggi esattamente come è oggi praticabile la geometria euclidea o la la stessa cosmografia di Tolomeo (ottima per calcolare il tragitto delle stelle anche se postulava che la terra fosse il centro dell’universo).

Ma il punto è che le concezioni spaziali variano, come le stesse concezioni scientifiche, nelle diverse epoche perché di volta in volta si affrontano problemi nuovi oppure perché nuovi strumenti ci consentono di vedere e capire molto di più di prima.

Siamo oggi immersi in un’idea di spazio come un tutto pieno, un tutto materiale; d’altronde, solo alcune cose sono visibili, molte invece sono invisibili ma ci sono.

Come ad esempio il vento, i batteri, l’umidità, i campi magnetici ed elettrici, quelli radio o quelli wifi.

Ora fanno parte di questo mondo e popolano questo spazio pieno anche le meravigliose “onde” del suono, che sono veramente onde che viaggiano in maniera sinusoidale nel pieno facendo muovere le molecole. Sono tutte queste forze che riempiono solidamente lo spazio.

È questa la concezione della scienza contemporanea sino alla gravità quantistica studiata a e diffusa per esempio da Carlo Rovelli.

Se si cerca di sintonizzarsi con un mondo che muta tanto nelle concezioni spaziali che negli avanzamenti tecnologici in questi campi è utile lavorare. Non si tratta di speculazioni astratte perché oggi con le protesi che abbiamo costruito in millenni di storia dell’umanità e soprattutto con quelle degli ultimi anni noi possiamo manipolare, progettare, costruire questo spazio pieno.L’Information Technology consente di creare dei ponti molto concreti tra la sfera elettromagnetica e la sfera fisicamente abitabile e visibile.

Suono umani e suoni mondani

La questione dello spazio pieno è centrale e per cercare di trasmettere la rilevanza di alcune installazioni anche relativamente recenti che connettono suono e spazio.

La forma più nota sin dall’antichità è l’eco, naturalmente, ma anche i pitagorici usavano il monocordo, uno strumento caratterizzato da una unica corda come era una sorta di mezzo sperimentale per la verifica delle leggi sull’armonia, per accordare le regole del suono e dei numeri alle regole dello spazio e del cosmo.

Jean Jacques Rousseau opponeva la musica vera del mondo, mundana a quella humana, macchinica e artificiale dei compositori, ma può esistere oggi attraverso la tecnologia una ibridazione tra le due. La mundana si trasforma in Humana. La Torre dei venti costruita a Yokohama dal grande architetto Toyo Ito ne è un esempio.

Una torre dell’acqua dei sistemi di condizionamento di un centro commerciale con parcheggi sottostanti emerge nella città per 21 metri. Ito trasforma la cisterna in uno scambiatore di informazioni, in una sorta di architettura sensibile e reattiva capace di mutare costantemente che usa il suono come elemento propulsivo. La Torre dei venti non muta però secondo i ritmi pre-confezionati di un carillon meccanico, ma si modifica interattivamente seguendo il flusso della vita e delle situazioni lungo il mutare delle ore del giorno e della notte.

Tutto il sistema delle luci muta interattivamente al variare delle situazioni, dei rumori, delle ore del giorno e della notte. La torre è dotata di altoparlanti che consentono ai musicisti Savvas e Taylor di sviluppare una musica ambientale. Gli input sono i rumori della città – mundana – e gli output, attraverso la trasformazione algoritmica della composizione, una nuova musica humana continuamente mutevole.

L’innovazione offre una diversa forma a cose note

Importante soffermarci sul lavoro più vicino a noi di Philippe Rahm che illustra quanto dicevamo in apertura sul concetti di spazio pieno e suono.

Due notizie su Rahm credo siano utili. Nato nel 1967, Philippe appartiene a quella generazione che ha cominciato ad interessarsi sin dagli anni Novanta alla presenza dell’informatica nell’architettura. Ha operato sino al 2004 con Jean-Gilles Décosterd tra l’altro è in comune volume anche in Italiano “Architettura fisiologica” del 2002. Ormai da più di un decennio in proprio ha affermato una concezione che definisce “Architettura Atmosferica.”

Per Rahm l’architettura di oggi deve costruire un’atmosfera, ma primariamente Rahm intende questa atmosfera in senso proprio. Gioca con fatti non visibili – l’aria, il calore, l’umidità – e gli applica i principi a loro propri come la convezione, l’evaporazione, la conduzione eccetera. A partire da questi principi così diversi dagli elementi tradizionali della costruzione ricompone una nuova idea di architettura.

Per esempio se lavora sulle temperature richieste in una casa mette gli ambienti che hanno bisogno di più calore in alto riorganizzando una sezione fluida, se lavora su parco urbano (come sta facendo dopo aver vinto un concorso a Taiwan) antepone il comportamento climatico a quelli visuali.

Ma Rahm naturalmente ricrea non solo tecnicamente un’atmosfera climatica crea anche un’atmosfera metaforica e allusiva nel suo lavoro.

Mogees, per ascoltare il vuoto

Come spesso avviene nei processi di innovazione, Rahm sostiene che bisogna tornare indietro e ragionare sugli elementi particolari, nel suo caso sugli atomi, sulle molecole, sugli elettroni, per trovarne una diversa forma. Per esempio nella sua installazione al MAXXI di Roma prese un brano musicale di Debussy e lo atomizzò: invece di pensarlo come fatto continuo lungo la barra del tempo, lo divise in atomi elementari. Queste note atomizzate riempiono lo spazio della sala in associazione a effetti luminosi e fanno immergere lo spettatore in una dimensione non solo percettivo ma cognitiva. Ma, tornando agli atomi, anche Bach pensava alla Monadi di Leibniz creando le sue fughe, una delle più acclamate costruzioni spaziali con il suono, giusto?

Questo ragionamento ha avuto un nuovo impulso con la creazione di Mogees che è un’app per captare il suono degli oggetti creata per smartphone da Bruno Zamborlin. Il “suono degli oggetti”, ma non è incredibile?

In qualche film abbiamo visto dei tipi con una sorta di aspirapolvere e una cuffia che cercano i metalli sulla spiaggia…ma con questa app noi tutti possiamo ascoltare i suoni che gli oggetti emanano, accarezzandoli.

Come suona un termosifone? Che rumore manda un tavolo o una cancellata abbandonata e che suono potrebbe emettere una campana, non quando è percossa ma quando sta lì, apparentemente muta e noi la accarezziamo? Il tema è stato anticipato dallo scultore sardo Pinuccio Sciola sin dal 1996 nelle sue pietre sculture che risuonano se percorse con le mani o con rocce.

Ma la presenza di Mogees permette far suonare qualunque oggetto e quindi creare un ponte di grande interessa tra Mundana e Humana. Bello un video di presentazione dell’applicazione in cui si coglie come Mogees possa permettere di creare performance molto interessanti e inattese. Vediamo nel video una ragazza che fa un balletto suonando una rete di recinzione di un edificio abbandonato o due ragazzi che compiono una sorta di ballo o esercizio ginnico facendo suonare il cancello del loro condominio.

Il nITro Group con la Polis University ha creato la scorsa estate un interessante progetto a questo proposito, in occasione di un workshop per Fiumara d’Arte in Sicilia.In particolare il progetto Knowmade Academy. Conoscere e rigenerare tra visibile e invisibile ha lo scopo di evocare una particolare installazione di Fiumara d’arte quella della Barca invisibile.

Nel 1990 Antonio Presti e Hidetoshi Nagasawa crearono una particolare opera che evocava il viaggio: una barca appesa a testa in giù. In un sito meraviglioso lungo un torrente dei Nebrodi organizzarono una grande performance con migliaia di persone e animali poi murarono la barca d’oro dentro una grotta lungo il torrente. “La stanza di barca d’oro” si riaprirà solo nel 2090.

Oggi chi visita questo luogo nel circuito di Fiumara d’Arte trova solo lo scenario naturale: la barca è invisibile, murata nella roccia. Ma ecco che appunto con una tecnologia come quella di Mogees le grandi pietre del torrente potrebbero suonare ed essere oggetto di performance di singoli e artisti con l’utilizzo del software del creatore italiano. Così lo spazio invisibile carico di echi e di memoria della barca murata nella roccia, potrebbe essere ascoltato sino quasi a materializzare la sua presenza invisibile, ma presente.

Antonino Saggio ; nITroSaggio

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

What do you think?

Scritto da chef

innovaizone

Dalla promozione alla partecipazione: come cambia il marketing nell’era di Facebook, Amazon & Co

innovaizone

#MakerFaireRome, ultima tappa. #Startup: a Parma 10/10 è Pitch day