Ci sono già 8mila persone nel mondo pronte a spendere 250mila dollari per guardare la Terra dallo spazio e provare l’assenza di gravità. Tante sono le adesioni giunte a Virgin Galactic per sentirsi Spock per un giorno. E non si tratta di curiosi, visto che per prenotarsi tocca sborsarne mille di caparra: il nostro pianeta è abitato da centinaia di migliaia di nababbi – tra banchieri, imprenditori e businessman – per cui la cifra è una bazzecola. Ma se si vive una volta sola, deve aver pensato anche qualche comune mortale, quale miglior modo di spendere i risparmi di una vita se non provando un’esperienza irripetibile che, nel XXI Secolo, ha ancora un sapore fantascientifico. Per gli abitanti dell’anno 3000 il biglietto sarà forse più accessibile e arriveranno ad ammirare perfino Marte dalla piscina di un hotel a 5 Stelle, ma vuoi mettere esser stati i pionieri di un capitolo della storia dell’uomo nell’universo?
Vacanze nello spazio: il programma Virgin
C’è anche un po’ di Italia nel programma Virgin, che ha firmato una collaborazione con Cnr e Aeronautica militare per condurre degli esperimenti gravitazionali legati ai carburanti e agli effetti biologici su organismi non addestrati. La novità è però il prezzo suggerito – poco più di 200mila euro, incluse tuta e preparazione psicofisica all’escursione -, che allarga di molto la platea di destinatari, incoraggiata a cambiare meta delle vacanze anche dal successo del secondo test effettuato dalla SpaceShipTwo a fine giugno.
Ma c’è puzza di bruciato: il costo è davvero stracciato se contiamo che solo per il lancio occorrono decine di milioni di dollari e che il primo turista spaziale in assoluto, Denis Tito, staccò un assegno da 20 milioni nel 2001 per trascorrere una settimana sulla Stazione spaziale internazionale.
E’ vero che ci sono 6 passeggeri a tratta, ma il prezzo appare comunque troppo basso. Al di là dei finanziamenti degli sponsor e del ritorno d’immagine, molto caro a Richard Branson, il multimiliardario inglese prevede di guadagnarci estendendo la clientela dai privati alle istituzioni e alle aziende, ospitando sull’Iss set cinematografici e pubblicitari, meeting di capi di Stato e industriali. A raccogliere i ricavi saranno forse i nipoti.
L’incremento dei destinatari è la vera differenza rispetto all’offerta dell’antesignana Space Adventures, l’unica finora ad aver mandato effettivamente in orbita qualcuno che non fosse un astronauta.
Grazie all’impresa Usa c’è chi di spole con l’orbita ne ha già fatte due, come il supermanager Microsoft Charles Simonyi; l’ultimo è stato nel 2009 il fondatore del Cirque du Soleil, Guy Laliberte. Chissà se ha contributo la necessità del distanziamento sociale anti Covid, fatto sta che dopo oltre 10 anni l’interesse per le vacanze stellari ha riacceso i motori. A quando la prossima gita? Gli ottimisti dicono nel 2023, e sarà sempre e comunque Space Adventuers ad occuparsene.
Al momento il tour ipotizzato di Branson, evocativamente intitolato One Small Step, è molto breve: l’esperienza dell’assenza di peso – scendendo in picchiata dagli 80 km, ai limiti dell’atmosfera – durerà in tutto una mezzoretta. Anche lui s’è dovuto accordare con la Nasa stipulando un contratto di fornitura a “pacchetto” completo di piloti, clienti e rampa: la base Spaceport America in New Mexico, alternativa a Cape Canaveral in Florida. Le complicazioni riguardano infatti l’attore principale, il mezzo di trasporto: ad oggi sono disponibili solo la Soyuz russa e la Crew Dragon statunitense, la capsula della SpaceX. Se la domanda cresce, bisognerà costruire nuovi taxi per le stelle. La Blu Origin di Jeff Bezos sta realizzando un modulo tutto suo per raggiungere la Luna, con un’offerta di 5 notti all inclusive a 50 milioni. Anche la Virgin progetta una nuova navicella VSS Voyager, ma sono vettori che necessitano di molte prove e lontani ancora anni luce dagli standard di sicurezza.
La questione etica s’è persa in volo: parliamo di un’attività altamente inquinante, volta non alla ricerca scientifica ma al lucro, il cui impatto ambientale denunciato dalla stessa Esa è già al centro di dibattiti. I magnati terrestri investono sul trasportare la vita in altri pianeti, ma il piatto della space economy è ricco e non sono solo i Big a sognare di solcare la galassia a uso commerciale. In fondo anche la SpaceX di Elon Musk era una startup prima di diventare un colosso del cosmo. Nel 2019 i venture capitalist, capitanati dalla società Space Angels, hanno investito la somma record di 5,8 miliardi di dollari in questo giro d’affari. Space Perspective, startup britannica delle sonde, vuole inserirsi nel mercato con un pallone a idrogeno chiamato Nettuno: un dirigibile per 8 persone arredato all’interno d’ogni comfort, compreso il bar.
Salite e discese dall’atmosfera, più lente, saranno accessibili anche all’utenza meno giovane e si toccheranno “solo” a 30 km d’altezza: non si proverà quindi l’assenza di peso, in compenso il tragitto sarà più lungo e costerà la metà. A queste mongolfiere spaziali a gas lavorano anche Worldview e Zeroinfinity, in Spagna. C’è anche chi, come SpaceVr, s’è lanciata nel turismo spaziale virtuale, ai confini della realtà, mixando immagini satellitari e tecnologie 4D. Ma questo è un altro viaggio.
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