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Jacopo Sebastio: “Online o in Bottega, è il cliente che decide dove comprare una Velasca”

Nato online, il brand direct to consumer Velasca conta oggi punti vendita in diverse città italiane ed europee. Il co-fondatore e CEO Jacopo Sebastio racconta a Think come accompagnare il cliente dall'acquisto fisico a quello virtuale.

Jacopo Sebastio
Jacopo Sebastio

Noto a tutti, Velasca è un brand direct to consumer (DTC) che opera nel mercato della calzatura italiana, 100% made in Italy, e ha come missione quella di portare un prodotto di elevata qualità direttamente al cliente finale saltando tutti i passaggi intermedi. Un brand che collega l’artigiano che produce calzature in Italia, a Montegranaro, con il consumatore finale. Jacopo Sebastio ne è il co-fondatore e CEO e ci racconta il segreto del suo successo.

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No manual skills, no shoes.⁠⠀ ⁠⠀ #makingof #handmade #handcrafted #velascamilano

Un post condiviso da Velasca (@velascamilano) in data: 21 Giu 2020 alle ore 1:30 PDT

“Abbiamo sin da subito evitato – racconta Jacopo Sebastio – il modello tradizionale di distribuzione, quella fatta dai rivenditori, dagli agenti, dai negozianti e abbiamo studiato il modo di innovare questo settore adottando un modello direct to consumer.

All’inizio abbiamo approcciato la nostra avventura esclusivamente online, abbiamo ricercato i nostri artigiani, dato forma ai nostri prodotti e montato il nostro primo e-commerce. A distanza di un anno e mezzo, abbiamo affiancato al nostro negozio virtuale una catena di store fisici, che noi chiamiamo botteghe e che sono gestiti direttamente al 100%, dandoci la possibilità quindi di mantenere consistente la nostra value proposition: avere un contatto diretto con il nostro cliente, che sia online o offline, e avere la possibilità di adattare tutto ciò che fa parte del nostro modello di business alla luce di quello che emerge dal rapporto 1to1 con il nostro interlocutore”.

In che modo ritenete di aver innovato il mercato di riferimento?

Da un punto di vista commerciale lo abbiamo fatto adottando un modello direct to consumer che utilizzasse una comunicazione totalmente digitale: per parlare direttamente con il nostro utente abbiamo utilizzato i social network (Facebook ed Instagram), Google e YouTube.

Vi abbiamo affiancato anche altri tipi di native advertising e banneristica su stampa. Questo è stato il primo mattoncino: nel 2013, questi strumenti erano all’avanguardia, almeno nel mercato italiano. Riteniamo che l’innovazione di contenuti e di comunicazione passi da una comunicazione human to human, dove il brand non si eleva al di sopra del cliente ma lo considera al centro di ogni ragionamento. Per un brand di artigianalità è stata questa la nostra sfida. Abbiamo cercato di raccontare chi siamo, mettendoci la faccia: abbiamo creato un’esperienza per l’utente che prima non c’era.

Scarpe Velasca

Abbiamo lavorato anche sulla nostra anima più industriale. Abbiamo ridisegnato insieme ai nostri artigiani i processi di produzione, adattandoli alle peculiarità del nostro nuovo modo di fare. La distribuzione tradizionale prevede carichi di lavoro concentrati in due specifiche fasi dell’anno, che coincidono con i periodi antecedenti gli inizi delle due stagioni primavera/estate ed autunno/inverno. Noi operando a stretto contatto con il cliente, non abbiamo necessità di dover rivendere a intermediari e distributori. Questo ci permette di spalmare i carichi di lavoro durante l’anno con evidenti benefici sui livelli occupazionali, l’approvvigionamento e la logistica.

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? Why spend your time taking care of shoes? It’s simple: to make them last longer and keep always in shape for more adventures together.⁠ ⁠ Thanks to @fabioattanasio for this easy tutorial.⁠ ⁠ #lastlonger #shoes #madeinitaly #handmade #velascamilano

Un post condiviso da Velasca (@velascamilano) in data: 25 Giu 2020 alle ore 9:16 PDT

Abbiamo contribuito alla creazione di relazioni diverse fra gli interlocutori: siamo riusciti a far sedere allo stesso tavolo tutti gli artigiani che lavorano per Velasca, una decina di famiglie con i loro dipendenti, impensabile fino a qualche tempo fa, considerata la gelosia del proprio know-how, delle proprie relazioni e dei propri talenti.

Un altro nostro carattere distintivo è la gestione dei punti vendita. Le nostre botteghe non si trovano in vie trafficate. Comunichiamo al 95% su media digitali, creando direttamente traffico per il negozio con campagne drive to store. Questo ci permette di avere spazi più piccoli in zone più belle, con affitti nettamente più bassi e senza pagare buone uscite. I nostri negozi sono luoghi in cui il nostro cliente è contento di andaree anche in questo caso, il ruolo del nostro cliente è centrale. È a lui che chiediamo dove aprire il nostro negozio attraverso sondaggi come da’altra parte a lui chiediamo quale collezione preferisca e quali prodotti vorrebbe vedere nel catalogo di Velasca. Per noi anche questo significa innovare.

Che tipo di tecnologia avete utilizzato per far crescere il vostro business?

La tecnologia in Velasca è abilitante per innovare prodotti, processi e servizi ed abbraccia trasversalmente la totalità delle funzioni aziendali.

Lato marketing, ad esempio, abbiamo piattaforme e strumenti che ruotano attorno ai media e che ci permettono di creare una domanda ed interagire con utenti e clienti.

Lato produzione, abbiamo lavorato con i nostri fornitori andando a inserire nelle nostre scarpe etichette intelligenti grazie alle quali possiamo tener traccia e seguire i prodotti all’interno di ciclo di produzione, controllo qualità, logistica, shipping, vendita e post-vendita. Utilizzando la tecnologia RFID abbiamo intenzione di velocizzare tutti i processi studiando tutti i percorsi e i tempi di approvvigionamento, attraversamento e movimentazione. Ma soprattutto, l’obiettivo è quello di dar vita a quella che è la vera omnicanalità, abilitando, ad esempio, servizi come click and collect e click and reserve, lasciando in questo il cliente completamente autonomo nella gestione del proprio ordine. Tutto ciò è possibile solo se il processo inventariale risulta immediato si riescano a distinguere le scarpe provate in negozio, e quindi non vendibili online, da quelle mai calzate.

Veneziane Velasca

Lato finanziario, stiamo implementato il nostro servizio di Business Intelligence, che permetterà di andare a creare dei report e delle analisi su determinati prodotti, aree geografiche e altri parametri che da una parte ci permetteranno di supportare le nostre scelte strategiche e dal’alltro libereranno ore-uomo con benefici a lungo raggio sulla profittabilità del nostro conto economico.

Lato approvvigionamento, stiamo implementando un sistema di intelligenza artificiale che possa prevedere la domanda dei nostri prodotti in base alla stagionalità favorendo un eficientamente della giacenza in magazzino. Abbiamo inoltre software per la gestione della relazione con i clienti lavorando da tempo per capire come risolvere il problema delle taglie, ad oggi ancora il grosso scoglio da superare nella vendita online delle calzature.

Quali sono i prossimi progetti di sviluppo per Velasca?

Ovviamente stiamo uscendo da una fase Covid che ci ha coinvolti in maniera significativa. Abbiamo dovuto chiudere 10 nostri negozi e perso parte del nostro fatturato. Abbiamo visto una notevole ripresa nel mese di Maggio e Giugno e ne siamo contenti. Siamo convinti che il nostro modello di business sia vincente per rispondere a questi mesi e riprendersi più velocemente. Le nostre ambizioni rimangono alte, è evidente che siamo una società che ha sempre puntato tutto sulla crescita.

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Pier to pier.⁠⠀ ⁠⠀ #moccasins #gommini #handmade #madeinitaly #velascamilano⁠⠀ ⁠⠀

Un post condiviso da Velasca (@velascamilano) in data: 28 Giu 2020 alle ore 10:30 PDT

Da quando siamo nati, siamo cresciuti del 100% annuo, più o meno, e l’avremmo voluto fare anche nel 2020. Il Covid ci ha un po’ rallentato, la propensione al consumo è diminuita però l’obiettivo rimane fatturare quanto abbiamo fatturato nel 2019, il che è già un grandissimo risultato: saremmo contenti se lo raggiungessimo. Nel 2021, vorremmo ricominciare quel percorso di crescita che avevamo avviato, andando a riprodurre quello che di buono abbiamo fatto in Italia, dove avviene il 70% del nostro fatturato, anche all’estero.

A ottobre e novembre abbiamo aperto negozi in Francia e Inghilterra (Parigi e Londra), c’è un punto vendita in apertura a New York che, a causa del lockdown, non è stato aperto a marzo, come avremmo voluto. Lo apriremo a settembre. Sicuramente, apriremo nei mercati vicini, come in Germania.

Dall’altro lato, ci piacerebbe andare a massimizzare il nostro know-how, individuare nuovi target di riferimento, diversificando magari anche sul gender del nostro cliente andando a vendere ad un pubblico femminile. Questo ci permetterebbe da un lato di crescere in maniera interessante e dall’altro di creare sinergie a livello di conto economico e quindi massimizzare il profitto.

Mocassini Velasca

Il punto forte di Velasca è che noi seguiamo il nostro cliente nella totalità della sua relazione con il brand: avendo un contatto diretto con lui, sappiamo esattamente quanto è il valore di un cliente nell’arco della sua vita, il cosiddetto lifetime value. L’obiettivo di Velasca è quello di fidelizzare la propria clientela, facendo in modo che compri il più possibile, ottimizzandone il liftime value.

Oggi il nostro cliente medio dopo 5 anni, fa più o meno 4 ordini ed è in questa metrica che si vede la bontà di un progetto come Velasca. Quindi avendo già un database clienti molto interessante, quello che ci piacerebbe fare in futuro è andare a sostenere il cliente, proponendogli nuove categorie merceologiche, magari anche con altri brand, in base ai suoi gusti e sfumature stilistiche. Questa è la nostra visione a lungo periodo: diventare una vera e propria holding di brand DTC, ambasciatrice del Made in Italy. Questo è il sogno che abbiamo a lungo termine.

Una società dalle vendite digitali passa anche a quelle reali, come mai questa scelta?

Noi abbiamo fatto un percorso contrario rispetto a quello di tanti altri brand, che sono partiti dall’offline e sono andati online. Al contrario, noi siamo partiti “virtuali” e abbiamo diversificato sul canale fisico. Il motivo è abbastanza semplice e provo a raccontarlo così: abbiamo iniziato a investire a Milano, dove abbiamo l’headquarter, con delle campagne di marketing. Avevamo raccolto 4/5mila lead, tra indirizzi email e numeri di telefono, e non vedevamo una grandissima conversione di questi contatti in acquisti online. A settembre del 2014 fatturavamo 3.000 euro al mese, praticamente nulla. Pensando a come evolvere il nostro modello di business, ci siamo detti: “abbiamo tutti questi contatti che si dimostrano ingaggiati, contenti di far parte della famiglia Velasca: perché non proviamo a trovare uno spazio dove far toccare con mano, annusare e far provare le scarpe ai nostri clienti?”

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Exploring from the reef.⁠⠀ ⁠⠀ #gommini #moccasins #shoes #handmade #madeinitaly #drone #velascamilano

Un post condiviso da Velasca (@velascamilano) in data: 27 Giu 2020 alle ore 10:12 PDT

Da lì a novembre 2014 abbiamo aperto un temporary store in Via Tortona a Milano, e tutte le persone che ci avevano conosciuto online e che non se la sentivano di comprare sul nostro e-commerce, si sono riversate nel nostro negozio. Da lì il nostro fatturato è decuplicato, siamo arrivati a 30mila euro di fatturato al mese e abbiamo capito che fisico e digitale dovono continuare a muoversi su binari paralleli e crescere insieme. Questo ci ha permesso di acquisire clienti a un prezzo più basso, ad ottenere credibilità e posizionamento. Il nostro metodo ha facilitato la vendita non solo nelle città dove abbiamo aperto, ma in tutto il mondo. Ricordo con piacere che un cliente canadese raggiunto dalla nostra comunicazione ci disse: ‘Va bene, se avete aperto un negozio vuol dire che siete reali, che esistete e quindi ho molta più fiducia nel mio primo acquisto’”.

L’online ha quindi ancora bisogno del reale?

Nel nostro caso quello che abbiamo visto è che, lasciando perdere l’evento Covid che ha attualmente ridisegnato gli equilibri, i due canali hanno bisogno l’uno dell’altro. Soprattutto per prodotti come i nostri, artigianali e di qualità. Abbiamo assistito, nel tempo, a diverse dinamiche. All’inizio, nelle città dove abbiamo aperto le nostre botteghe, il cliente preferiva andare in negozio a perfezionare l’acquisto. A fronte del 95% della nostra comunicazione digitale, il 95% dei nostri clienti di Milano fino a poco tempo comprava in negozio. Poi gradualmente c’è stata una forma di education: faccio il primo acquisto offline, forse anche il secondo, ma dal terzo continuo a comprare online. Quello che stiamo vedendo è uno shift dalla vendita in negozio alla vendita online. A Milano, ad esempio, oggi il negozio online pesa più o meno come un negozio fisico: il 25% del fatturato della città. Il motivo è che, forse, ultimamente c’è stato in maniera spontanea e senza forzature, un percorso di accompagnamento dall’acquisto fisico a quello virtuale.

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