Sono ormai due anni che lavoro a questo spettacolo (“1927 monologo quantistico”), tra lo studio dei personaggi, la scrittura del copione e – ora – la trasposizione teatrale vera e propria. Due anni, a cui vanno aggiunti altri due anni di preparazione, in cui sono andata a Bruxelles a più riprese per la raccolta del materiale e l’assemblaggio delle informazioni. Se sommo pure gli anni che ho passato a studiare fisica per la laurea e per il successivo periodo all’Ecole Polytechnique di Parigi, e poi lo studio della fisica successivo in ambienti diversi, giornalistici o letterari o scientifici, beh, posso tranquillamente dire che è una vita che aspetto il momento del debutto del mio spettacolo teatro. Non sono sola, c’è con me il Teatro Menotti di Milano che lo produce, con Emilio Russo (regista, direttore artistico e tanto altro) e il suo piacevole gruppo che ha creato intorno a me.
A Milano il debutto è il 4 novembre, e resterò in scena fino al 10 novembre (info per biglietti, orari, tour, agevolazioni scuole, sul loro sito teatromenotti.org o chiamandoli), e ci sarà una anteprima il 28 ottobre alla Sala Umberto di Roma.
IO E I FISICI
Le anticipazioni su quello che farò sul palco sono molto segrete, ma qualcosa posso dire. Ad esempio che interpreterò due personaggi, un uomo e una donna. L’uomo è un tipo tarchiato, molto sensibile e molto romantico. La donna è una vera bomba. Porterò in scena, insieme alle manìe, i tic, i vezzi, le paturnie dei fisici del XX secolo, anche le mie. Anzi, meglio dire: le loro, che poi sono le mie. La passione per i treni, ad esempio.
O la voglia di raccontare questa storia. Anche a loro, loro stessi che hanno creato la fisica quantistica, si dilettavano a riraccontarsi queste vicende, in cui sono i protagonisti indiscussi.
A me piace che alla fine dello spettacolo qualcuno mi avvicini per dirmi che finalmente ha capito com’era Marie Curie
Vicende umane, storie, racconti di persone, prima che di geni. A me piace che alla fine dello spettacolo qualcuno mi avvicini per dirmi che finalmente ha capito com’era Marie Curie, oppure che mi dica: finalmente ho scelto il mio fisico preferito, è Schroedinger. Insomma, per me, gli uomini ritratti nella foto del 1927, durante il V Congresso Solvay sono i miei amici immaginari, ci parlo insieme, ci discuto, litigo, ragiono, e quindi quello che ho fatto non è stato altro che portare in scena la loro grandezza, umana prima che scientifica.
Ho già raccontato in un altro post della mia ossessione per quella foto (29 uomini in posa, quasi tutti fisici, 17 erano o sarebbero diventati premi Nobel), adesso vi porto in un altro posto.
LA TAVOLATA DEI CERVELLONI
Sì, perché dopo quella foto (scattata a Leopold Park, in pieno centro di Bruxelles), alcuni dei fisici presenti si sono andati a cambiare e sono andati ad una cena. Alla cena con i sovrani del Belgio, alla Taverne Royale (poco lontano dall’Hotel Metropole, dove dormivano, sempre in centro, sempre a Bruxelles). La tavolata era sfarzosa (come il resto della sala), lunga più di dieci metri, c’erano 20 posti a sedere, due capotavola, cinque donne, il Re Alberto I e la Regina Elisabetta Herzogin in Bayern, nipote della più famosa principessa Sissi (Elisabetta d’Austria).
QUELLA VOLTA CHE LA REGINA CON EINSTEIN…
La cena la racconto a teatro, nello spettacolo “1927 monologo quantistico”, tracciando gli avvenimenti più interessanti di quella serata, e nel libro appena fresco di stampa “L’incredibile cena dei fisici quantistici” (un capitolo ogni portata, editore Salani, si trova in libreria o sui canali web, tipo Amazon, con sconti). Vennero servite 7 portate, e per ognuna c’era un vino dedicato.
La disposizione degli uomini a tavola era stata fatta secondo un’attenta disamina dei caratteri e del temperamento dei presenti.
Marie Curie era seduta difronte ad Einstein, per lui, lei era la grande scienziata e i due avranno molto di dirsi. Di fianco ad Einstein c’era la Regina, che farà la maliziosa tutta la sera con lui, creando anche un clamoroso colpo di scena. C’erano anche altri fisici, e pure due capotavola del tutto estranei alla chiacchiera scientifica, tra cui Mark Vancanbrough, un vecchio capitano di artiglieria, amico dei reali, che si presenta alla cena in divisa militare, e malgrado i suoi 80 anni, berrà tanto di quel vino da lasciarsi andare in azioni e dialoghi incontrollabili.
I colpi di scena non mancheranno, anche perché a tavola con i grandi fisici del xx secolo non ci si può certo annoiare.
GABRIELLA GREISON