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Vi racconto che ci fa un FabLab italiano in Cina

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Oltre la nostra idea di Cina, che conosciamo dai media come il paese che viene in Italia per fare shopping di aziende, squadre di calcio e monumenti, ne esiste evidentemente un’altra: quella che sta cercando di fare i conti con il futuro, ripartendo da se stessa e dalle sue tradizioni più antiche.

Sia chiaro, se ci facciamo comprare i gioielli di casa è perché forse li abbiamo messi in vendita (magari a buon prezzo), e ad un compratore esperto gli affari non sfuggono mai.

Gli eventi legati al 3D Printex Expo & Summit e all’ITTC Beijing 2015 che si terranno rispettivamente a Shenzhen e Pechino dal 17 al 23 aprile, rappresentano un’opportunità per cominciare a costruire modelli di cooperazione differenti. Almeno questa è la convinzione alla quale sono arrivato dopo aver accolto l’invito di Città della Scienza a partecipare alla trasferta cinese.

Credits: felishino.com

Si, perché la prima cosa che mi sono chiesto è stata: Cosa può raccontare di interessante alla Cina un FabLab europeo che lavora nel sud dell’Italia? Beh, forse “non molto”, è stata la mia prima risposta. Opinione che, però, ho cambiato subito dopo aver cominciato a conoscere meglio la realtà che ci voleva ospitare.

È noto ormai che la Cina sta subendo una rapida trasformazione della sua economia, una crescita velocissima delle città metropolitane e, conseguentemente, un divario sempre più ampio con un entroterra che conserva ancora una tradizione culturale e produttiva. La fondazione Cina-Italia, nel suo ultimo rapporto riporta una clamorosa crescita dei consumi favorita anche dal tasso di urbanizzazione che nel 2013 ha raggiunto il 54% e che raggiungerà̀ il 60% entro il 2018, contro l’aumento del rallentamento per i consumi rurali, che crescono ad un tasso del 12,1%.

A ciò si aggiunge un aumento notevole del costo del lavoro (tra il 120% e il 150% in più) che sbriciola la nostra idea di come la Cina possa essere un Paese con il costo del lavoro tra i più bassi al mondo.

Questa bruciante corsa alla crescita mette in evidenza problemi come l’inquinamento, la disgregazione sociale, il cambiamento dei paradigmi produttivi, che la nuova classe dirigente del governo cinese, da poco rinnovata, ha tutta l’intenzione di non lasciare irrisolti. In questo, forse, le esperienze accumulate dalla nostra Medaarch e dal suo Mediterranean FabLab potrebbero suonare come un’opportunità per raccontare le buone pratiche che, dal 2007, abbiamo portato avanti sforzandoci di trovare una strada nuova!

Voi mi direte: Beh, l’Italia non è la Cina! Vero, verissimo.

Soprattutto per quel che riguarda molti degli aspetti positivi.

Ma per quel che riguarda le difficoltà che dobbiamo affrontare per l’economia, l’agricoltura, il divario produttivo e sociale, non siamo secondi a nessuno.

Pensiamoci un attimo: noi abbiamo una grande tradizione artigianale che ci sforziamo di non perdere. Lo stesso vale per la Cina. E che tradizione! Fantastiche accumulazioni di cultura, materia e storia che sarebbe un vero peccato dimenticare. Noi abbiamo una risorsa nascosta nei segreti di una cultura rurale che aspetta solo di essere portata alla luce. Anche per i cinesi potrebbe essere interessante ricolmare un divario tra metropoli e cultura delle tradizioni, che sta producendo disastri. Noi abbiamo città ed aree industriali inquinate fino all’osso. Anche in Cina, purtroppo questo problema proprio non manca. Entrambi, abbiamo la necessità di scovare modelli nuovi di sostenibilità, integrazione ed innovazione. Problemi comuni, soluzioni differenti. Esperienze da condividere.

Nessuno vende, nessuno compra, ma tutti ci guadagnano qualcosa. Almeno spero. Ecco, questa forse è la vera molla che ci spinge ad affrontare questa nuova avventura.

Dal 17 al 23 aprile, avremo la possibilità di raccontare nello specifico 3 progetti: il primo “Brain computer interfaces: new design object from emotional input to 3D printer” nella sessione New Materials and 3D Printing, mentre per la sessione The challenge of urbanization in the global context presenteremo il caso studio condotto su Ferrara dal titolo “Resilient City. An innovative model for the recovery of industrial areas”. Infine, per la sessione Intelligent Manufacturing, racconteremo come stiamo lavorando con le Pmi e gli enti del territorio attraverso lo speech “Digital Fabrication. A new manufacturing era” . Per quel che ci compete, racconteremo come, un passo alla volta, stiamo camminando su una strada che cerca di costruire modelli alternativi con pratiche semplici, reali, ma nuove. Quel che porteremo lì sarà, però, sicuramente meno di quel che riporteremo qui.

Conoscere nuove realtà, distruggere convinzioni sbagliate, ricrearne delle nuove, accumulare altri punti di vista, imparare tempi e ritmi nuovi è quello che ci interessa più di ogni altra cosa.

In questo modo, sicuramente potremo riportare quello che impareremo qui in italia, nella nostra realtà, cercare di riapplicarlo, provando e riprovando nella costruzione di alternative possibili.

In fondo la Cina non è poi così lontana.

AMLETO PICERNO17 aprile 2015

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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