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Viaggiatori in rete: la rivoluzione del turismo passa dai big data

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“I cinesi non vengono in Italia, i cinesi vengono in quattro città italiane: è diverso”. Di big data e turismo si è molto discusso a BTO (Buy Tourism Online) lo scorso dicembre: questo il tweet con più retweet dell’intera manifestazione, a dimostrazione dell’interesse suscitato dall’intervento di Euro Beinat, professore di geoinformatica dell’Università di Salisburgo.

Illustrazione di Morgan Schweitzer. Fonte: Tafter.it

Analizzando social media e dati telefonici si può vedere (letteralmente, in un’animazione video) che i turisti cinesi visitano Venezia, Milano, Firenze e Roma mentre sono praticamente assenti nelle altre città o regioni italiane. Analogamente si scopre che i turisti tedeschi, presenti più diffusamente, hanno comunque una forte preferenza per Milano, il nord-est e l’alta costa adriatica. Ad Amsterdam un’altra ricerca ha evidenziato che solo il 14% dei turisti che visitano la città si spingono, poi, nelle località limitrofe.

In particolare, francesi e spagnoli sono i più propensi a visitare i dintorni mentre inglesi e danesi sembrano essere i meno interessati (fonte: Collective Sensing).

Comportamenti collettivi, spostamenti, rapporto tra luoghi, cose e persone sono solo alcuni delle importanti informazioni dalle quali il turismo moderno non può più prescindere

Lo ha chiaramente indicato anche il TDLAB (Laboratorio di Turismo Digitale) nel suo documento finale acquisito dal Mibact nell’ottobre scorso e in attesa di essere messo in pratica. I nostri comportamenti quotidiani hanno ormai una qualche forma d’intermediazione digitale che alimenta, continuamente ed esponenzialmente, un flusso di dati che è possibile – anzi doveroso – interrogare per migliorare l’offerta e rispondere alla complessità della domanda.

Le statistiche basate su arrivi e presenze nelle strutture ricettive, oltre ad essere disponibili spesso con troppi mesi di ritardo, molto nascondono del reale impatto.

Esiste, per esempio, un turismo di prossimità che pesa economicamente su ristorazione, trasporti o musei, ma sfugge dai metodi di rilevazione tradizionali. Esistono nuove forme non più marginali di ricettività – Couchsurfing, Airbnb, Home Exchange, Love Home Swap – spesso non contemplate nelle statistiche ufficiali. Gli osservatori sul turismo producono prevalentemente dati statici difficilmente traducibili in itinerari o consumi effettivi: manca il carattere predittivo e l’analisi qualitativa dei comportamenti, che invece i big data, se opportunamente interrogati, sanno restituire.

Questione di sentiment

Non meno importante è l’analisi del sentiment e la capacità di interpretare i contenuti, il tono e i temi delle conversazioni online variamente associati. Un’enorme opportunità per le destinazioni e per gli operatori. I vantaggi sono di due tipi: in primo luogo di carattere strategico poiché conoscere la reputazione di un territorio e, nel dettaglio, dei singoli luoghi o servizi, consente di ottimizzare la propria politica; in secondo luogo di carattere operativo, perché le informazioni raccolte possono consentire di massimizzare la soddisfazione del turista con una mirata personalizzazione dell’offerta e dell’esperienza di viaggio.

Il team di Travel Appeal. Fonte: H-farmventures.com

Travel Appeal, startup italiana che si occupa proprio di big data e analisi della reputazione nell’ecosistema digitale, ha recentemente analizzato e confrontato due regioni per un periodo di sei mesi, Puglia e Sicilia, considerate turisticamente omogenee. Dall’analisi semantica delle conversazioni digitali provenienti dai siti di guest review, dai social network e dal web in generale, il sentiment complessivo è risultato alto seppur con una leggera superiorità della Puglia (82,1%) rispetto alla Sicilia (81,5%). Interessante, però, notare come la percezione dei locals, ovvero dei residenti, faccia calare di circa 20 punti percentuali il livello di positività. Su Twitter si rilevano più conversazioni riguardanti la Sicilia, mentre in Puglia emergono #Lecce e #Salento come hashtag più utilizzati, a conferma del lavoro su un territorio che ha saputo diventare un brand.

Big data e social media

Sul fronte aziendale non si può non partire da KLM, prima nella classifica delle compagnie aeree per uso dei social media. Aggregando i dati accumulati ad un livello molto dettagliato (punto di vendita, l’origine e la destinazione di un volo, la data, il numero del volo, la connessione e il livello di classe tariffaria), è oggi in grado di prevedere e ottimizzare flussi di entrate.

Il concetto chiave sul quale da tempo lavorano è che ogni cliente è un segmento di mercato.

Per raggiungere una grande personalizzazione dell’offerta hanno distribuito oltre cinquemila iPad al personale di volo, che è in contatto diretto con il social media team. Questo consente loro di risolvere i problemi sul posto (consegna del pasto, posti a sedere), ma anche di fare una sorpresa ai clienti (per il compleanno o per la luna di miele). Strategico l’utilizzo dei social media: sempre reperibili sono il principale canale di assistenza e sul sito viene visualizzato in tempo reale il tempo di risposta su Facebook e Twitter.

Fonte: Babelemagazine.com

Kayak, il noto metamotore di ricerca dedicato ai viaggi, si spinge più avanti. Oltre a cercare di migliorare la pianificazione e la prenotazione dei viaggi grazie all’incrocio delle informazioni di utenti e compagnie aeree, cerca anche di prevedere alcuni avvenimenti. Proprio in questi giorni l’azienda ha analizzato i dati di ricerca e previsto in anticipo, grazie agli utenti, quali squadre si sarebbero qualificate per la finale del Super Bowl 2015. Il verificarsi di un notevole aumento dell’attività di ricerca di voli verso l’Arizona, sede dell’evento, è stato interpretato come indice di fiducia da parte dei fan di una determinata squadra e della relativa città. Così Kayak ha “indovinato” le finaliste sulla base dei seguenti incrementi di ricerche: Seattle con un +552% staccava nettamente il + 100% di Green Bay la cui tifoseria, evidentemente, nutriva meno speranze. Per l’altra finalista il risultato è stato, come in campo, meno netto con New England (+342%) vs. Indianapolis (+125%).

Uber ha sviluppato una partnership importante, la prima di questo tipo, con la città di Boston. Condividerà i propri dati, seguendo lo standard individuato, per aiutare la città a migliorare la congestione, ridurre l’inquinamento e monitorare le strade. In un post sul blog è direttamente Uber ad annunciare che fornirà, senza ledere la privacy, dati relativi alle corse: data, ora di inizio e fine, distanza percorsa, durata del viaggio. Questi dati guideranno il processo decisionale, aiuteranno a cambiare il modo in cui si forniscono servizi e si accolgono le persone, influenzerà le scelte in tema trasporto e, in ultima analisi, contribuiranno a rendere la città più intelligente con soluzioni innovative.

Amadeus sta lavorando al progetto Global Travel Ecosystem nel quale svolgerà un ruolo di collegamento tra compagnie aeree, agenzie di viaggio, aeroporti, alberghi e altri operatori della travel industry, per “unire i punti” dell’esperienza di viaggio. Amadeus ha investito in questo sistema intelligente e dinamico per consentire all’industria di anticipare i bisogni e desideri degli utenti. Nel complesso, il Global Travel Ecosystem consentirà alle compagnie aeree e agli operatori di offrire ai clienti un servizio sempre più personalizzato attraverso tutti i punti di contatto, via web, in mobilità, in aeroporto e in volo.

Rispetto a uno scenario così dinamico e alle enormi potenzialità di sviluppo, come si collocheranno i centri decisionali del turismo italiano? Esiste l’urgente necessità di creare sia meccanismi per accedere ai dati, sia competenze specifiche per utilizzarli. Ma le risorse, in epoca di spending review, sono poche ed è molto difficile immaginare, oggi, investimenti in tale direzione.

Eppure, grazie proprio ai big data, è possibile valutare la stima dell’impatto di un grande evento finanziato con soldi pubblici

Anzi, in Italia sembra non esistere una correlazione diretta tra investimenti in eventi ed efficacia turistica. Sarebbe forse il caso di cominciare a pretenderla per liberare risorse pubbliche da varie sagre di improbabile utilità per dirottarle su progetti più innovativi e mirati allo sviluppo turistico del nostro Paese.

ROBERTA MILANO

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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