Vivo nello sport. Dunque per tanti, troppi, passo le mie giornate tra risultati ormai fasulli, bombe carte ed episodi di violenza persino peggiori, un doping ormai generalizzato: una vita da inferno. Poi, vivo di sport, dunque ho scelto, per mestiere e per passione, di impegnarmi a raccontare un mondo ricco non solo di tatuaggi, pero’drammaticamente autoreferenziale, dunque incapace di raccontarsi per essere compreso in tutte le sue declinazioni. Ad esempio, non appena l’Expo fu assegnato a Milano, considerato il tema, scrissi a Candido Cannavò e gli proposi: come sport dobbiamo dichiararci subito, a parte il food non c’e’ niente che sia alimento per la vita delle persone quanto lo sport, questo evento e’una opportunita’per presentarci al grande pubblico per quello che siamo.
Magari esageravo, in ogni caso Cannavò, che certo non era autoreferenziale, fu tranchant: lascia stare, sara’un’occasione solo per i soliti noti, i soliti affari.
Invece domani l’Expo apre e sara’una grande festa, anche di sport. La prova? Le prove piuttosto.
Ci saranno padiglioni interamente dedicati come quello di Kinder, che celebrerà un progetto internazionale che si chiama Joy of moving. Non e’lo stesso manifesto di Michelle Obama, Let’s move, e’lo sport che per tante organizzazioni e per tante aziende e’ormai un manifesto, un impegno. Anche per chi, su CheFuturo!, si aspetta che si parli appunto di futuro, non solo quello di Roma 2024: quello del Paese e del Mondo.
E allora prima di imbarcarmi nell’avventura di raccontare tutto lo sport che c’è all’Expo, e dintorni, prendo spunto dal Premio Leonardo 2014 assegnato nei giorni scorsi al Quirinale come tradizione a rappresentanti di creatività, innovazione e saper fare italiano.
Leonardo non può essere accusato di sportività, è un simbolo positivo, e neutro del Paese. L’altro giorno il premio è stato conferito a Nerio Alessandri, il più originale e italiano degli startupper: partito dal suo garage come gli omologhi Usa, ricco all’inizio di visioni ma non di risorse, al punto che chiedeva alla moglie di posare come modella, ha inventato un modo di essere e di vivere che oggi ha forma persino di cartello autostradale laddove davanti al nuovo stabilimento Technogym si presenta a tutti la Wellness Valley.
Technogym sarà all’Expo allo stesso modo in cui, dal 1996, e allora i Giochi erano negli Usa, è presente al villaggio olimpico. Negli anni la mission è rimasta la stessa, far stare bene le persone, sono semmai aggiornati i prodotti.
Oggi, nell’era in cui tutto è wearable, la sfida più difficile: vendere anche l’intangibile, non solo il tangibile, perché su questo fronte sono evidentemente avvantaggiati i navigatori da polso.
Ma Alessandri eappunto uomo di visioni, e sa bene che in piena sharing economy è anche il rito della palestra che deve essere aggiornato. Quanto scommettiamo che tra poco si pagheranno abbonamenti bassi e che addirittura qualche euro ci sarà restituito quanto più utilizzeremo gli attrezzi proprio per l’energia che produciamo?
Poi, il premio Leonardo Qualità Italia. Lo hanno vinto, tra gli altri, Dainese e Dallara. Entrambe, anche se non da tutte riconosciute così, aziende made in sport. Dainese è una aziende made in Italy anche per il terreno da cui è partita: la passione tipicamente nostra per i motori, per le gare. Ha inventato le tute dei motociclisti con protezione sulla schiena che ovviamente valgono non solo per Valentino Rossi e compagnia, ma anche per chi va in moto tutti i giorni. Ha brevettato un sistema che allarga le sue competenze alle gare di sci.
Di nuovo: dai campioni agli sciatori di tutti i giorni. E’ finita nel mirino, per competenze, persino della Nasa, ma resta, anche oggi che è a proprietà straniera, un’impresa con un forte imprinting sportivo.
Dallara, che abita quella stessa Motor Valley allargata in cui risiedono Ferrari e Maserati, Ducati e Lamborghini, e che oggi ha una sede pure nei dintorni di Indianapolis, e’il fornitore unico dei campionati di Indycar. Per farla breve, Dallara realizza le auto, da competizione oltre tutto, per un mercato ricco come quello Usa da ben prima di Marchionne. Per capirci: due delle quattro aziende premiate vivono di sport.
Ecco, questa, anche questa è l’Italia che domani aspetta il mondo per l’Expo e per irrobustire la candidatura che sarà poi formalizzata a settembre per i Giochi del 2024 a Roma.
E’una bella sfida, e come tutte le sfide è bello giocarla. Sapendo quali sono gli avversari, al momento, Boston, Amburgo, Parigi, e altri arriveranno. Ma anche sapendo, con precisione, quali sono le proprie forze: oggi lo sport non è quello che dicono le cronache domenicali, è, a metterla in piolitica, un partito da 12 milioni di persone che non si concede divisioni tra maggioranza e minoranza; è un comparto in piena salute del made in Italy che cresce, vince nel mondo e garantisce un buon 3% del Pil, calcolato per difetto.
Lo sport è un alimento di tutti i Paesi moderni e dell’Italia in particolare. Non solo un risultato, una medaglia, ma anche e soprattutto passione, ricerca dell’eccellenza, allenamento e studio, preparazione, tecnologia.
L’Expo non è un’Olimpiade, ma poco ci manca: lo sport c’è. Tanto, bello, originale: basta riconoscerlo