Parlando di coppie e innamoramenti, abbiamo tutti sentito e ripetuto infinite volte che “gli opposti si attraggono” (pure la fisica lo dimostra) e che la relazione romantica funziona perché “gli opposti si completano”. Vero? Sì. Allo stesso tempo, però, tutti comunemente accettiamo il detto “chi si somiglia si piglia”. E’ vero? Sì.
Come è possibile? Se entrambe le affermazioni sono vere, siamo di fronte ad una contraddizione. In questo caso, Keirsey tenta di spiegare nel suo libro Please Understand Me:
“Suffice is to say that it is the combination of similarity in thought and speech – concrete or abstract – with complementarity in how tools are used to implement goals – cooperative or utilitarian – which seems to hold the key to explaining human attraction.” – Please Understand Me II, p.211
Esistono molti esempi di questa situazione, in cui due proposizioni comunemente accettate si contraddicono l’un l’altra.
Come Keirsey ha fatto con il suo studio del temperamento e carattere umano, è necessaria un’analisi più profonda per risolvere l’apparente contraddizione.
Consideriamo i Millennials (o Generazione Y) e ciò che comunemente si dice su di noi. Noi della Generazione Y siamo cresciuti venendo accusati di essere “vuoti, pigri, viziati, irresponsabili, irrispettosi”. Perché non “sappiamo soffrire”, non sappiamo “cosa vuol dire lavorare”, non “vogliamo crescere”. Sinceramente.. è vero.
Al contempo però è condivisa l’idea che siamo vittime del nostro tempo. “Non è colpa loro. E’ colpa dell’economia, del sistema, della loro educazione.” Altrettanto vero.
Quindi siamo vittime o colpevoli? Spiegherò qui il concetto della “Prigione Felice” come la sintesi che risolve il paradosso. Certamente non sono il primo a giungere a questa conclusione, ma quando ho avuto l’idea stamattina ho sentito il bisogno di metterla per scritto.
La Prigione Felice è la situazione in cui sei felice ma schiavo. E schiavo ma felice. E’ la situazione in cui la tua vita è limitata dalle pareti e le regole di una prigione stretta, ma in cui non porti il peso di alcuna responsabilità.
E’ la situazione in cui sei obbligato a dedicare una parte sostanziale della tua esistenza ad una certa attività (studio/lavoro) contro la tua volontà e desiderio, e questo ti uccide dentro, ma in cui ti sono permessi brevi periodi di libertà assoluta in cui tutto è concesso. E’ la situazione in cui hai una costante sensazione di depressione per la condizione della tua quotidianità, ma alla quale tragicamente ti abitui e da cui finisci per dipendere. Dipendere dal sistema che ti passa i soldi necessari per goderti quel tempo libero che inconsciamente ritieni di meritare in cambio della tua tacita schiavitù.
La mia generazione non è abituata a soffrire. Non è abituata al fallimento e al dolore. Non perché non fallisce, ma perché non abbiamo mai sfide da affrontare. Ecco perché appaiamo pigri: non siamo abituati allo sforzo. Viviamo nella Prigione Felice della casa dei nostri genitori, che allo stesso tempo limita la nostra libertà e opportunità di crescita, ma ci fornisce tutto ciò che chiediamo. Vale a dire ci libera dalla responsabilità per noi stessi.
La Prigione Felice è un posto che ti aiuta ad evitare di prendere rischi, e di conseguenza evitare la possibilità di successo o fallimento. E’ un posto che ti aiuta ad evitare le responsabilità. Un luogo che ti protegge dall’incertezza, dall’ambiguità della vita. In una parola, è un mondo finto. Ti aiuta a schermare la vita reale. E’, nelle parole dello psicologo Eric Fromm, una fuga dalla libertà. Vivere nella Prigione Felice ti impedisce di crescere. Ti impedisce di esplorare te stesso. Ti impedisce di imparare dalle tue esperienze, i tuoi successi e i tuoi fallimenti.
E’ il luogo in cui rimani per la paura di rimanere senza casa.
“The biologist and intellectual E. O. Wilson was once asked what represented the most hindrance to the development of children; his answer was the soccer mom. He did not use the notion of the Procrustean bed, but he outlined it perfectly. His argument is that they repress children’s natural biophilia, their love of living things. But the problem is more general; soccer moms try to eliminate the trial and error, the antifragility, from children’s lives, move them away from the ecological and transform them into nerds working on preexisting (soccer-mom-compatible) maps of reality. Good students, but nerds–that is, they are like computers except slower. Further, they are now totally untrained to handle ambiguity. As a child of civil war, I disbelieve in structured learning . . . . Provided we have the right type of rigor, we need randomness, mess, adventures, uncertainty, self-discovery, near-traumatic episodes, all those things that make life worth living, compared to the structured, fake, and ineffective life of an empty-suit CEO with a preset schedule and an alarm clock.”― Nassim Nicholas Taleb, Antifragile: Things That Gain from Disorder
(Per ulteriori dettagli su Soccer Moms, de-turistificazione, optionality, casualità, e antifragility in educazione, leggi questo testo).
La contraddizione è risolta. Noi Millennials siamo pigri, incapaci di uno sforzo, non volenti di soffrire, non volenti di lavorare, non pianifichiamo per il futuro, non usciamo dalle nostre comfort-zones. Ma alla radice c’è il fatto che siamo stati cresciuti in uno zoo. Siamo cresciuti in una bolla che non ci ha mai esposto alla vita e alla sofferenza, fragilizzandoci. In questo senso siamo vittime. Dopo 25 anni passati nella Prigione Felice, come vi aspettate che dovremmo comportarci?
Se sei un Millennial e riconosci di vivere in una Prigione Felice, il mio consiglio è di uscirne il prima possibile. Scappa. Una volta consapevole della tua condizione, dipende solo da te. Scegliere di uscirne o rimanere è scelta tua. Ora sei responsabile del tuo futuro. La maggioranza delle persone che ti circondano ti diranno che sei pazzo. Non ascoltare, segui il tuo istinto. Rispondi con l’esempio. Forse pensano che la vita sia Disneyland, ma si sbagliano.