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Wifi , grazie a voi 24 mila hotspot in una app. Cambiare tutto si può

innovaizone

Oggi manteniamo una promessa che vi abbiamo fatto esattamente un mese fa. Presentiamo il più grande database del wifi italiano. Con il vostro aiuto in poco più di quattro settimane abbiamo individuato, verificato e mappato più di 24 mila hotspot. Venti. Quattro. Mila. Nemmeno si sapeva che ci fossero 24 mila hotspot in questa Italia che non sa legiferare sul wifi e che leva i soldi alla banda larga per darli alle tv locali. Fatemelo dire: tutti assieme abbiamo realizzato una operazione di sistema per l’innovazione che definisco “straordinaria”. Straordinaria perché non è costata un euro al contribuente, anzi non è costata un euro a nessuno; straordinaria perché si è realizzata solo grazie alla passione di tanti; e straordinaria perchè l’abbiamo realizzata senza aspettare niente e nessuno.

Abbiamo fatto una cosa che forse avrebbe dovuto fare l’Agenzia Digitale, o l’AgCom. Non lo so. So che potevano farlo e non lo hanno fatto. Non mi interessa perché. Le polemiche sono inutili. So che intanto lo abbiamo fatto noi e il frutto di questo sforzo è e sarà per sempre gratuitamente a disposizione di tutti.

Il risultato finale della campagna #chewifi è una fotografia di una Italia viva, che scommette sulla innovazione nonostante l’incertezza normativa che ci penalizza dal luglio del 2005, quando venne varato il decreto Pisanu e il controllo del wifi venne considerato da allora uno strumento per contrastare il terrorismo. Prima di entrare nel merito dell’intera operazione voglio dire subito che dietro i numeri che vi offriamo ci sono persone eccezionali.

Dirigenti pubblici che hanno creato reti civiche gratuite trovando i fondi chissà come; ci sono imprenditori privati che hanno investito sulla possibilità di creare del valore e quindi del business dal servizio di connettività senza fili; e ci sono anche semplici cittadini che hanno deciso di aprire la propria rete ai clienti e ai turisti. A tutti e a ciascuno va la nostra gratitudine, perché hanno fatto fare tanti piccoli passi avanti all’innovazione e al digitale in un paese che nel migliore dei casi li ha ignorati.

E dopo la premessa veniamo ai dettagli, perché è nei dettagli che ci sono le considerazioni più importanti.

  1. Il database è stato letteralmente costruito a mano, usando Twitter e Facebook per chiedere aiuto, prendere contatti e ricevere informazioni.

    In questo momento gli hotspot che ci sono stati segnalati sono oltre 24 mila; quelli già presenti nel database perché verificati sono circa la metà. E’ un lavoro che è appena iniziato: negli ultimi giorni il flusso di dati è stato continuo. Tantissime amministrazioni pubbliche hanno aderito in extremis ma con entusiasmo. Voglio dire che non saremmo mai stati capaci di reggere l’urto di tante richieste se non avessimo un team eccezionale: oltre al mio partner di sempre, David Casalini, voglio pubblicamente elogiare Manuela Cervetti e Sabina Montevergine che non si sono spente mai. Al loro fianco fin da subito abbiamo avuto la Netics di Paolo Colli Franzone che si è offerto volontario via Facebook: la sua esperienza è stata preziosissima. Il tutto è stato poi inserito nel database da Damiano Bolognesi che ha anche sviluppato la app di Chefuturo! che parte proprio oggi e di cui parlerò dopo. Ho voluto fare alcuni nomi e alcuni cognomi (solo alcuni, ce ne sono altri) perché è vero che spesso l’innovazione è gratuita, ma questa gratuità è alimentata dalla passione di chi ci mette tutto sé stesso. Grazie è il minimo.

  2. Il database sarà rilasciato in opendata: questo vuol dire che chiunque potrà scaricarlo, verificarlo, riutilizzarlo. Farci sopra una app. Magari. A questo serve l’opendata: alla trasparenza; a favorire conoscenza e quindi integrazioni di offerte; miglioramenti di servizio; applicazioni. Ma l’opendata è una cosa seria che richiede standard elevati: per questo abbiamo deciso di affidare il base ad una associazione che ho contribuito a fondare, Wikitalia, che si occupa di open gov. In particolare lo affidiamo a Maurizio Napolitano e Matteo Brunati che sono fra i massimi esperti mondiali del tema, affinché rendano l’operazione una best practice internazionale (intanto anticipo che la licenza sarà OdbL, quella di Open Street Map).
  3. Come dicevo le segnalazioni di hotspot e di reti di hotspot sono circa 24 mila, mentre nel database ieri sera ne avevamo verificate e caricate solo la metà. Le altre aggiungeremo giorno dopo giorno. I numeri totali però già dicono molto dello stato del wifi in Italia: parlano di un nord che ha più di metà di tutti gli hotspot; di un testa a testa fra Roma e Milano fra le città più connesse; di una vivacità notevole di Piemonte e Emilia fra le regioni. Ma soprattutto il database serve a evidenziare difetti da migliorare: la duplicazione di hotspot pubblici fra reti diverse a Roma; il vuoto inspiegabile in certe città anche ricche del nord che contrasta con l’attivismo di posti come Pesaro, Prato, Lecce dove la volontà di alcuni ha creato valore per tutti; la virtù di Firenze che ha federato tanti reti diverse sotto un unico denominatore, così navighi da una via all’altra senza staccarti mai.
  4. Chewifi! è un progetto aperto e tutt’altro che finito: se in queste prime quattro settimane ci fossimo persi per strada qualche storia (inevitabile che sia così) segnalatecela. Quanto alla classifiche, qui non vogliamo dare le pagelle di buoni e cattivi a nessuno. Vogliamo solo crescere tutti assieme. Stimolare chi è rimasto indietro, ispirarci a chi guida il gruppo. Punto.
  5. Con il database lanciamo oggi anche la app di Chefuturo! E di questo dobbiamo ringraziare sentitamente Chebanca! che di questo sito è l’editore. Quando ci hanno chiesto di portare in una app i contenuti del “lunario della innovazione” avremmo potuto limitarci a trasferire i post dei nostri 115 autori (ebbene sì, sono un piccolo esercito) con qualche infiocchettamento. E invece abbiamo proposto di usare la app per fare qualcosa di davvero utile al sistema della innovazione. La app infatti consente di leggere i post ma anche trovare il wifi più vicino e partecipare alla costruzione del database. Se tutti gli editori fossero così aperti e si fidassero di chi li guida senza provare a condizionarli per obiettivi di bottega, avremmo giornali migliori.
  6. La app è presente sullo store di Google, sta per arrivare su quello di Apple (nei giorni scorsi l’App Store è stato vittima di un attacco informatico e questo ha ritardato il rilascio anche della nostra app); e a settembre ci sarà la versione per Windows Phone. Per tutti però è possibile intanto scaricarla da questo sito diventando subito beta tester. Sicuramente ci saranno delle cose da sistemare: siamo grati a coloro che ce le segnaleranno.

E quindi scaricate, leggete, diffondete. E soprattutto navigate. La rivoluzione è appena iniziata.

Roma, 24 luglio

RICCARDO LUNA

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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