A poco più di due mesi dalla nona edizione del Web Marketing Festival, il festival dedicato all’innovazione digitale e sociale, l’ideatore Cosmano Lombardo ha anticipato le novità più attese dell’evento con uno sguardo all’attuale situazione del digitale in Italia.
WMF 2021, intervista a Cosmano Lombardo
Quali saranno le novità del WMF 2021?
Una delle principali novità di questa edizione è legata al progetto che abbiamo recentemente lanciato per diffondere la digital innovation in Italia, vale a dire la creazione di hub di innovazione digitale nei borghi e nei piccoli centri. Apriremo il primo a Monasterace in provincia di Reggio Calabria in un castello medievale: qui faremo corsi gratuiti sull’imprenditorialità, sull’innovazione, sull’empowerment femminile e sulla sostenibilità. Subito dopo ne apriremo un altro a Nichelino in provincia di Torino.
Al Festival ci saranno quindi delle iniziative realizzate in collaborazione con i territori coinvolti in questo percorso che speriamo possa contribuire a diffondere l’innovazione e a supportare le piccole comunità.
La seconda novità è che nella tre giorni vedremo protagonisti alcuni dei contesti internazionali dove andremo a realizzare i worldwide events: il 18 maggio saremo in Croazia, il 21 in Serbia e da settembre in poi saremo in Grecia e in altri posti europei ed extraeuropei (Vietnam, Cina) per diffondere le storie imprenditoriali italiane e valorizzare la nostra cultura all’estero. Durante l’evento saranno presenti alcuni partner e realtà attivi in questo percorso internazionale. Nelle scorse settimane abbiamo poi lanciato una call per digital creators insieme a RDS Next per dare spazio ai creatori di contenuti digitali, soprattutto i più giovani.
Abbiamo inoltre rilanciato il contest per le band emergenti che nelle due precedenti edizioni del 2020 avevamo dovuto sospendere. Ci sarà infine l’Innovation Film Festival, che era previsto l’anno scorso ma era stato stoppato causa Covid.
Quali sono gli ospiti più attesi?
Una delle figure principali presenti al Festival sarà Alessandro Borghi che vedremo anche in vesti insolite rispetto a quelle tradizionali di attore. Ci sarà poi Luciano Floridi, uno dei massimi esperti di intelligenza artificiale in Italia che è rientrato nel nostro paese quest’anno per portare avanti un progetto molto importante.
Come hanno inciso sul mondo del marketing le nove edizioni del Festival?
Credo che il WMF abbia avuto un impatto positivo sia nel mondo del marketing che in generale in quello dell’innovazione.
Penso che da una parte abbia aiutato a rendere il marketing più vicino a quelle che sono le esigenze e le strategie di business in azienda e che dall’altro abbia dato una spinta al suo utilizzo a fini sociali. Nel 2017 ad esempio abbiamo aperto l’edizione celebrando il quarantesimo anniversario dalla fondazione di Radio Aut da parte di Peppino Impastato: è stata un’occasione per sviluppare un panel incentrato su mafia e digitale. Abbiamo poi trattato il tema del marketing nel mondo della salute e dell’health, cosa che oggi si è rivelata fondamentale.
Quali sono le peculiarità dell’evento e cosa lo distingue dagli altri che affrontano i medesimi temi?
Il format ha sempre fatto della convergenza di più temi il suo punto di forza: una delle peculiarità del WMF è infatti quella di abbinare parti di spettacolo a cultura, formazione e confronto. Inoltre le attività che vengono presentate all’evento proseguono poi 365 giorni all’anno: la tre giorni di per sé è un punto di incontro e un acceleratore all’educazione digitale e sociale.
Altre due caratteristiche che voglio mettere in luce del WMF sono il ruolo centrale che diamo alle donne e ai giovani. All’interno dell’evento ci sono infatti due sessioni che danno visibilità alle ricercatrici che da anni giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo tecnologico e digitale. Abbiamo poi nuovamente lanciato il WMF Youth dedicato ai ragazzi tra i 16 e i 22 anni che vogliono presentare progetti imprenditoriali: molti di coloro che hanno partecipato sono poi stati nominati alfieri della Repubblica dal Capo dello Stato (es. Jacopo Cavagna e Luisa Rizzo).
Quali sono le priorità che le istituzioni dovrebbero affrontare in materia di innovazione digitale?
Rispetto a quanto accadeva in passato, oggi il digitale, tema di cui noi parliamo da una decina d’anni, è finalmente entrato nell’agenda politica: dal punto di vista delle istituzioni c’è stato quindi un grande passo avanti anche a causa dell’emergenza sanitaria. L’11 marzo abbiamo presentato in Senato una nostra visione e alcune nostre proposte per il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Ci sono alcuni aspetti su cui bisogna porre l’attenzione ma penso che con le prossime audizioni ci sarà un potenziamento: per esempio lo smartworking è poco citato e temi come il lifelong learning, il reskilling e l’upskilling vengono solo accennati mentre sarebbe necessario approfondirli anche tramite una cooperazione con le realtà private.
Le principali priorità del momento su cui ritengo debbano essere investiti molti fondi credo siano la formazione per le persone che sono rimaste senza lavoro e la scuola, partendo dagli istituti di primo grado, perché rispetto agli altri paesi siamo rimasti molto indietro. C’è infatti molta differenza tra il potenziale che hanno i ragazzi giovani e quello che riescono effettivamente a mettere in pratica. Molte risorse andranno poi destinate all’abbassamento dei costi del lavoro che penalizzano imprese e famiglie.
Come vedi il futuro dell’innovazione digitale? Quanto ritieni abbia inciso la pandemia in questo ambito?
La pandemia ha fatto sì che la digital innovation si introducesse nella vita di ogni cittadino in modo disomogeneo: qualcuno che disconosceva completamente alcuni temi si è trovato catapultato in questo mondo privo di conoscenze tecnologiche. Su questo è necessario operare perché affinché la trasformazione digitale innovi davvero deve essere sostenibile. Anche dal punto di vista delle imprese si è reso evidente un dislivello: alcune costituiscono un punto di riferimento dell’innovazione digitale in Italia e all’estero, altre sono rimaste ancora indietro. Bisognerebbe dunque trovare equilibrio ed evitare che la forbice del digital divide, che si è ampliata durante l’emergenza pandemica, si allarghi ulteriormente. La grossa sfida dei prossimi anni sarà quella di avere un’Italia con una cultura omogenea e totalmente inclusiva anche in materia di innovazione digitale.